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IN-ABSENCE EVOLUTION!
Opera di Teatro-musica per voce e pf
Paolo Ferrari/ Erika Carretta

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OPERA DI MUSICA-TEATRO
Evoluzione in-Assenza!


Un episodio
Evoluzione! è un testo pensato e scritto nel volgere di alcuni anni e in più fasi. E un work in-progress. Questo suo progredire concerne sia la scrittura vera e propria, sia il suo fine. È un testo da leggersi
nell’intimo della propria mente e nella separatezza dei sentimenti che rispondono unicamente alla sensibilità del lettore nel suo privato – e in tal modo esaudire ed esaurire il proprio compito – oppure prendere le ali di un’oralità adatta al ritmo, nell’estrema variabilità del fraseggio tra la piana prosa o nell’espressività del canto talvolta imperioso, talvolta dolcissimo e sublime, così come nel gioco dei significati che si fanno mutevoli e quasi inimmaginabili. Questa seconda modalità è quella esplicitata nella registrazione che qui presentiamo con il titolo in- Absence Evolution!.
Un’oralità non della semplice lettura, con i suoi modi appartati, con i diversi registri emozionali, ma sufficientemente silenziosi, onde non disturbare il valore delle parole, inserito entro il senso delle cose che si fa conoscere subito alla pronuncia delle parole ad esse attinente.
Ma un’espressività a tutto tondo; un’espressività che raccoglie le parole e il senso qui scritto, e lo fa come ruotare in uno spazio, quello proprio di ‘Evoluzione!’. Una presa al volo del significato e del suono più prossimi, perché la relazione fra le parole – addirittura fra le sillabe – si apra a un canto
ora sommesso, ora drammaticamente intenso di vita e di assenza, dischiuso all’espressione più ampia, ad ogni capoverso capace di rigenerarsi. Una scoperta ogni volta daccapo di questa epopea dell’origine e del dopo, in cui ‘Evoluzione!’, dal volto e dalla voce femminile narra con intonazioni che spaziano con grande libertà dalla modalità angosciosa e luttuosa alla comicità più paradossale di un viaggiatore, esploratore di nuove frontiere e di ulteriori orizzonti di mondi sconosciuti.
Nasce l’Evoluzione della specie Homo sapiens: un novello Amleto indaga di nuovo la storia, la sua e quella d’una realtà non ancora emersa al pensiero e all’atto quotidiano.
Il canto-lettura insieme con il pianoforte – che talvolta anticipa, talvolta segue, in alcuni momenti accompagna e in altri diverge, con gesti dissonanti generatisi nell’evento della singola esecuzione – si
sviluppa come una nuova e più significativa storia ricca di oscillazioni e trepidazioni delle origini umane e post-umane, alla volta d’una palingenesi, un rinnovamento radicale raggiunto o da raggiungersi lungo la strada della Post-evoluzione. In un percorso già fatto o nel passare di soglia in soglia dell’esistenza nel rapporto con altri, imprevedibili orizzonti degli eventi.

Traccia 1

Sentimenti umani

“Hai visto giardini, miniere, marine e fiumane a perdita d’occhio?”
“Mi atterriva quel tempo a venire. Colmo e incavato oltre l’umano; ingannevole l’umano.”
Oltre quel limite (il tempo) era in attesa di me.
In me l’umana natura; l’umano in te, sonnacchioso essere, diverso da tutti.
In me l’udivo. E l’altro, udiva con me?
“Non fa niente... Mandalo a prendere, così com’è!”
Stupito, vuoto. Vuoto infelice.
Qual essere cavo? Dormivo in quell’incavato, impregnato di vuoto. Donna, al femminile.
Strette le mani in una specie di arco.
“Hai visto giardini e miniere; fiori e olivi?”. “Stringiti a me, e non abbandonarti.”
La natura di uomo, numerosi gli umani e sbiaditi, attribuiti falsamente, io sono l’essere al femminile!
A te, sì; il nuovo versante onde osservare. Adattare la lingua: voce di donna. (Ne ascolta la voce).
L’universale destino. Trucidati giusto nel mezzo del cavo degli occhi. Le dozzine di occhi indentro
infossati, ossessionati. Poi nudi. Infine morti; vivi e morti.
Specie di animali; specie arrampicate sopra la terra. Ricordi? Hai dipinto lungo i margini quel giorno di primavera: il sole era comparso dopo le fiamme invernali.

“Ma, suvvia, tu hai sognato! Non precipitarti qui. Non ne vale la pena. Goditi il sogno e passamelo
intero.” (Pausa) È fatale il distacco. (Pausa) Sognano tutti: il distacco è separazione, distanti le mura.
(Pausa) “Contieniti!” Spero che lì il tutto abbia a finire quella fine che è dovuta all’essere-la-cosa.
È mancanza la vita. Spezzati i volumi; oggi li posso vedere aperti di fronte, a noi solidali.
Il corpo è fuggitivo; da quell’angolo il corpo: è vecchio; ma sì; vetusto, onusto di tracce e di richiami.
La visione è paradossale; sono cieco se la traccia permane; sono sordo; manca il pensiero; tacciono
le parole, sono vittima del reame, ma ora anche successo di uomo oltre la tomba.
Sparisca l’impermanente, che è teoria connessa al pensare. Si perpetuerà il teorema, nel contrarsi di tempo e di spazio; i volumi si vedranno alti in cielo. Si dice così?

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Traccia 2

 

Parto dalla novissima specie

Sì, ci conto, finalmente ha smesso. Di che? Di che?
Son io. No.
Di piangere: in lei: alla fin fine negava.
Orme dei piedi che battendo proseguono oltre; da quell’altezza al fondo.
Lo spiegai.
Orme stanche; facilmente capita in autunno.
“È premessa”, dissi; lungaggine come una premessa a quel che deve restare
e giacere; prefiggersi come guida.
Sorreggere e stare, le dissi.
Conservare; rispose; ma non voglio. Non so: nelle quotidiane azioni; non lo
so; non sono io. Difatti pareva non essere lei.
Alla fin fine di tutto questo concerto dico che uomo è fatto; fatto l’uomo in Dio; uomo come uomo è fatto di un uomo di un uomo in terra e dell’altro uguale quando nasciamo e quando poi contiamo; siamo rimasti in tanti; perciò nessuno sa e nessuno parla. Da ciò è causato.

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Traccia 3

 

Lingua nuova , aura infelice

Vedere la nuova lingua
Conducendo a bere al fontanile la fanciulla.
Così che alzando un braccio egli, quel ragazzo, riprese il discorso all’occidentale.
Discorrere in prima persona; presentarsi prima che la mente si ravveda.
Sceglierò quella luce che è al fondo della gola, prima che nel petto si eserciti,e nei polmoni.
Debbo cercare; ecco trovato quell’uomo!
Umano in umano: con ciò la formula sia. Ho cercato e trovato in te quell’uomo.
In formula sta. Come al padrone che tira tira l’asinello in formula sta. Gira gira quest’insieme alla sera, al farsi di sera attorno al pozzo.
“Uomo, chi interroghi?” Me, soffiato dal vento, simile a quel ragazzo interrogato che scelse di cavare un soffio di cielo e di aria e con il braccio di portarl tra noi. Con il vento che fece nel braccio e con l’aria sbloccata dalla voce che transita dai polmoni.

Sboccata la voce, aura infelice.
Eppure l’accordo non c’è; disassato com’è.

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Traccia 4

 

Veste di uomo cosciente

Schizofrenia)
Malattia (della specie)
Moriva nel sonno.
La morienza dell’anima; mettendosi così a parlare in tondo e in umano.
Non siamo ancora capaci di intendere il sonno, l’officina e il suo sfogliarsi (folletto).
Non so ancora mitigare il male dell’umano quand’esso opponga al delirio il senso di fame che s’accomuna ai pallidi insediamenti di case e di onde dalla forma e dalla sostanza indecidibili (onda – pacchetto di materia?) che s’attacca all’acqua stagnante d’origine: acqua piovana.
Mi pare di scorgere opera di mano altrui. Ospiti felici, ospiti infelici e indesiderati?
Non desiderabili.
Amleto: ospitò felice, fu ospitato infelice? Fu reietto e alienato?
Non è neppure chiaro se entrino questuanti oppure signori di alto lignaggio;
duellanti e spiritosi essi si rincorrono con lente evoluzioni sussunte da materiale grigiastro e biancastro dell’encefalo come sospettiamo esserci al di là del muro oltre le porte della cittadella. È pagana?
“Correttamente” pensò tra sé e sé Amleto, signore di terre, in combutta con
altri suoi pari.
Mi fa la guerra: non si poteva rivelare per ora il desiderio con cui girare mondo e mondo, a mo’ di alveare inconsapevole, coriaceo finimondo ad indicare prospettive ricamate con speciali addentellati, dettagli importanti tra le cui maglie si pratica Dio con le sue folli schiere angeliche.
Notizie, ospiti che lottano, specie da specie, una copia attuale.
(Tracce).

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