CENTRO STUDI ASSENZA
Asystemic Composition in-Absence N.5 – Terre Splendenti (2007)
Asystemic Composition in-Absence N.5 – Terre Splendenti (2007)TAV. 2 e 3
Fabbrica, Valenza Po (AL)
Installazione artistico-scientifica-architettonica costituita da 10 opere di grandi dimensioni collocate negli ambienti di lavoro di una fornace robotizzata ad alta tecnologia (6300 mq)Fanno parte dell’installazione 3 opere sospese alla copertura, acrilico su plotter painting su materiale plastico opalino: “CavaliereMedievale sospeso” (240x315 cm), “Testa umana con pietra” (240x315 cm), “Movimenti, condensazioni/rarefazioni con interno”(240x315 cm); 3 opere su binari costituenti un trittico in movimento, acrilico su plotter painting su PVC: “Intrecci Kafkiani con graffito”,“Pecora-umana con cantiere e scena biblica”, “Le Corbusier, la prigione e l’occhio” (dimensione complessiva 600x310 cm); 3 opere collocate a parete, acrilico su plotter painting su PVC: “Il predicatore” (cm 310 x 210), “Il gioco della Bambina” (cm 310 x 210), “Il ciclista”(cm 310 x 210); 1 opera collocata a parete, plotter painting su pellicola di poliestere specchiante: “Paesaggio Italiano con prospettiva e riflessi” (580x427 cm)
Fare dei luoghi a prima vista estranianti della fabbrica un
altro luogo. Aprire altri spazi, scandire un altro tempo sottraendolo
al rigido e meccanico impulso della macchina.
Cogliere fino in fondo la sfida della complessità umana,
architettonica, sociale posta da un ambiente che non è solo di
lavoro, ma anche costruzione di soggettività, forma di vita,
scambio (reale o di relazione), disaffezione o, ecco il punto,
potenziale affezione. Sono questi alcuni dei temi su cui agiscono
i gesti pittorici e gli inserti fotografici e con cui interagiscono
le installazioni e le inflessioni architettoniche di
Paolo Ferrari.
Installazioni a tutto tondo che non considerano la fabbrica
come un semplice, per quanto anomalo, ambiente espositivo
ma interagiscono con esso, lo abitano e, questa è la sfida, vi
si fanno abitare. Secondo le parole dell’autore, potremmo
dire che, in esse, si muove qualcosa che “si mostra nel
momento stesso in cui scompare”. Opere che istituiscono una
distanza più etica che formale: il loro piano di accesso è,
infatti, immediato da ogni postazione di lavoro. Ma, al tempo
stesso, la loro “fruizione” istituisce in ogni postazione di
lavoro quell’altrove che è generato, appunto, dall’essere i
lavori rigorosamente “a sistema aperto”.
A tal fine, pannelli ed elaborazioni fotografiche, con pluristratificazioni
pittoriche, passate in digitale secondo la tecnica
del plotter painting sono stati installati in vari punti della
nuova linea (2005) dello stabilimento di Valenza della San
Marco-Terreal Italia. Di proprietà di un gruppo multinazionale,
la fabbrica di laterizi di 45.000 mq, ad alta tecnologia e a
ciclo continuo è stata costruita a Valenza nel 1997 in sostituzione
dell’originario impianto dell’inizio del secolo.
A una prima installazione di 30 pannelli, 1998-2003 (si veda
il volume I Raddoppi in-assenza di Paolo Ferrari, Skira,
Milano 1998) si è ora aggiunto un nuovo inserimento in una
sezione dello stabilimento di 6.300 mq. da poco funzionante.
Un’Installazione composta di 10 opere distribuite in tre
zone dello stabilimento E’ costituita di 3 opere-figure fisse
(plotter-paintings 3 m. x 2 con pluristratificazione pittorica)
collocate a circa 8 m. dal suolo. In ciascuna di esse si mostra
l’umana propensione al gioco del movimento: un corridore
ciclista che pedala alla volta di montagne coperte di neve, un
ragazzo che gioca a tennis contro il muro disegnato dai writers
di un grattacielo della città, una bimba – colta dall’alto –
che corre in un labirinto d’asfalto davanti a una chiesa
. 3 opere-figure mobili (plotter-paintings 3 m. x 2), con moto
rettilineo su tre binari, posizionabili ad libitum per chiunque
all’interno della fabbrica desideri aprirsi uno scenario a
seconda delle proprie inclinazioni o umori quotidiani. 3 figure
“a vela”, in poliestere opalino (in back-light).. Risaltano
nelle due dimensioni del plotter le linee e le forme del bassorilievo
del periodo romanico (XII secolo), fase storica e artistica
ricca di contaminazioni, fondamentale per la nascita e
gli sviluppi del pensiero europeo. Completate da alcuni segni
caratteristici presi da graffiti urbani, in particolare dal muro
di una fabbrica demolita in questi ultimi mesi a Milano.
Sospese su piani inclinati e oscillanti dall’alto, attraversate da
luce proveniente dai lucernari della fabbrica, hanno moto e
illuminazione variabili a seconda dei momenti del giorno e delle stagioni.
Un Trittico di ampie dimensioni (6 m. x 4) su
materiale metallizzato specchiante. Come “pelle” vibratile,
quella d’uno strumento musicale pronto a risuonare di luce ad
ogni “sospirar di vento”. Inserito in una cornice a differenti
livelli, sottolinea con la finestra-prospettiva mostrata nel disegno
i differenti volumi e i movimenti meccanici e umani che
in essa si rispecchiano provenienti dall’interno della fabbrica
al lavoro.
I supporti e le cornici delle opere sono stati studiati e realizzati
appositamente per l’Installazione con l’interessante e fattiva
collaborazione fra gli architetti e gli scenografi dell’équipe
del Centro Studi Assenza di Milano e i tecnici della fabbrica.
Il posizionamento delle varie
parti che compongono l’unità dell’Installazione è stato deciso
di concerto con le maestranze cercando di volta in volta i
punti di convergenza tra l’operazione artistica e la quotidianità
umana del lavoro, costretta a un’interazione ripetitiva
con le macchine e i robots. In collocazioni particolarmente
critiche (per le condizioni di rumore, polvere e difficoltà di
comunicazione) le opere di Ferrari si inseriscono – senza per
questo “armonizzarsi” o, peggio, sovrastandolo – nell’ambiente.
Si lasciano, piuttosto, attraversare dal contesto, svolgendo
più che una funzione catalizzante dell’attenzione o
dello sguardo, un’azione di apertura dello stesso. Opere che
abitano una distanza, e ridefiniscono spazio, tempi e moti di
un ambiente sottratto al proprio potenziale alienante.
Marco Dotti
Editorialista e critico
Marco Dotti
Asystemic Composition in-Absence N.5 – Terre Splendenti (2007)
Perché l’Installazione ha il nome di “Terre Splendenti”?
Il nome nasce dall’analisi dell’etimo di “argilla”. L’argilla è
la materia di base che permette la costruzione delle tegole e
dei mattoni che sono l’oggetto del lavoro della S. Marco
Laterizi. “Argos”, che è a fondamento di “argilla”, significa
bianco splendente, lucente. Bianco-splendente era la materia
argillosa dell’antica terra di Grecia, probabilmente perché
conteneva la mica in buona quantità. Da “argos” deriva
argento. Argentea è la superficie lunare. L’argento fu chiamato
“lunare” dagli antichi alchimisti.
Paolo Ferrari