CENTRO STUDI ASSENZA
Domenica 23 Settembre 2012
dalle ore 22.00
ALCATRAZ, Via Valtellina 25, Milano
Asystemic Composition a1
Experimentum rei 1970-2012
Riflessioni / e-riflessi (in-absentia)
di Paolo Ferrari (Polfer)
Installazione arte-scienza
per la Festa Finale di MITO ’70’80 Voglia di ballare!
L’Installazione Experimentum rei 1970 – 2012. Riflessioni / e-riflessi (in-absentia) getta idealmente un ponte tra gli anni’70 – prima stagione sperimentale dell’arte - e la contemporaneità. E’ in gioco la verifica circa l’esistenza (o meno) di una realtà, il rapporto opera d’arte / realtà e il ruolo dell’osservatore-fruitore. Nucleo ideativo e compositivo dell’Installazione è la testimonianza di primi lavori fotografici sperimentali degli anni ’70 di Paolo Ferrari (Polfer). Una ricerca sulla luce e in particolare sui riflessi, sul controluce e sul rapporto positivo-negativo nelle condizioni naturali e in camera oscura. Questa ricerca è il nucleo in-potentia che permetterà successive e varie operazioni artistiche, anche musicali, in diversi ambiti e in particolare recentemente Installazioni idonee alla “cura del territorio”.
L’installazione arte-scienza Asystemic Composition a1 Experimentum rei 1970 – 2012 Riflessioni / e-riflessi (in-absentia) è visibile durante la sera della Festa Finale di MITO. Si compone si compone di 6 plotter-painting su PVC (6m x 4m) con elementi specchianti; 23 tondi PVC a pavimento (2 m di diametro), di cui 14 elaborati con forme e figure, 9 in vari colori; 2 cartelli con forme e scrittura. Le opere verticali (Plotter-painting) sono ottenute per stratificazioni analogico-digitali (fotografia b. n. – acrilico – stampa digitale su PVC). Il sistema analogico dialoga qui con il sistema digitale - in cui i sensi tendono a svilupparsi in contemporanea, il presente è la condizione prevalente e dove le comunità umane si formano e si sciolgono in tempi e spazi non più contigui. L’osservatore si trova decontestualizzato rispetto a una realtà non più univoca. Si apre un paesaggio urbano d’altro genere, pronto a modificarsi a ogni osservazione e funzione non previste.
“Uno specchio che ti ha accompagnato fino dai primi momenti della vita”. Perderlo, e andar oltre? E’ possibile?
(P. Ferrari)
Nella città-che-viene il mondo che manca. Lo si ascolta segretamente nella forma d’un’arte di figure e di suoni: immagini d’una realtà sorgiva che è già altrove, cólta nel suo esserci improvviso, un’appartenenza fugace con chi ne partecipa e se ne fa sensibile ragione.
Quel resto di vita nella città-che-viene. Fuori-di-città abitata dalla forza dirompente d’un quartetto d’archi imitato dai suoni d’un pianoforte-che-orchestra. La città-che-viene orchestrata. Uomo che fa-verità, in quell’assenza-che-sperimenta la metafora d’un cervello già vissuto in giro per quei luoghi intrisi-di-vita. Maledetti luoghi! Pronti a rovesciarsi nel loro passivo mancamento a cui ci stiamo abituando. Perdendo di vita e di morte, fino a sfinire, rinnovando emozione e pensiero.
Compongo, dispongo immagini, raddoppio il reale perché le cose meglio si nascondano a sé stesse e a chi – volendo o non volendo – le osservi e ritenga di possederle.
La musica fa compiere (al pensiero) quell’atto che apre la parete del tempo che manca da sempre e per sempre.
(P. Ferrari)